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Il Palazzo di Bonifacio VIII è stata la casa-fortezza dei papi di Anagni. Anche se il nome ricorda la sola proprietà del famoso pontefice dello “Schiaffo”, la prima domus  turrita appartenne quasi certamente a Lotario dei Conti di Segni, papa col nome di Innocenzo III dal 1198; poi, agli inizi del XIII secolo, Ugolino Conti, pontefice dal 1227 col nome di Gregorio IX, ampliò la costruzione, trasformandola in un elegante palazzo baronale pur mantenendo forti accenti militari. Nel 1230 vi ospitò l’imperatore Federico II, liberato dalle censure del 1227 e giunto ad Anagni con “splendido concorso di principi e maggiorenti”: i due sedettero a mensa insieme all’abile diplomatico Hermann von Salza. Federico ebbe la visione di una dimora magnificente, che egli definì più tardi “mirabile, … come la regia del sole” e su quell’incontro scrisse: “Abbiamo visitato, con reverenza, il sommo pontefice, il quale ci ha accolto con affetto paterno e con lui ci siamo scambiati il bacio della pace, sanzionando, così, la pace dei cuori …”. Nel 1254 risiedette a Palazzo papa Innocenzo IV, eletto ad Anagni nel 1243, ricevendovi gli ambasciatori del Regno di Sicilia. Finalmente nel 1297 l’edificio passò alla famiglia di Bonifacio VIII, acquistato da suo nipote Pietro, e divenne, a guisa di dongione, il nucleo più massiccio e antico delle proprietà dei Caetani che, contando su una grande disponibilità di denaro, avevano nel frattempo reso tutta la regione intorno alla Cattedrale un quartiere di famiglia. La colossale impresa immobiliare di Bonifacio VIII finì col disegnare un’area urbana fortificata, difesa dall’antica cinta muraria dell’acropoli, nella zona simbolicamente più rappresentativa della città. All’interno di quest’area il Palazzo, già legato alle altre figure giganti del pontificato basso-medievale, finì per essere scenografia di un manifesto politico. Tragicamente, il 7 settembre 1303, proprio nel cuore del fortilitium Caetani, Bonifacio VIII subì l’attentato noto come lo “Schiaffo di Anagni”: affrontato e arrestato da Guillaume de Nogaret e Sciarra Colonna, inviati dal re di Francia Filippo IV il Bello, morì un mese dopo l’oltraggio. Dopo la parabola bonifaciana il Palazzo rimase in proprietà ai Caetani fino al 1690, passò quindi agli Astalli, imparentati per via matrimoniale con i Caetani, come lascito testamentario del marchese Orazio Caetani; nel 1764 l’ultimo degli Astalli, Tiberio Junior, morì indebitato; l’Opera delle Suore Cistercensi della Carità, figlie spirituali di Madre Claudia De Angelis (1675-1715), aveva allora mezzo secolo di vita: esse riscattarono il Palazzo e lo annessero alla loro Casa Madre settecentesca, creando col tempo un grandioso isolato, al quale la fabbrica medievale è oggi unita. Nei diversi livelli del Palazzo le suore ospitano attualmente la Scuola Materna “Sr. Claudia De Angelis”, la foresteria per i pellegrini che camminano sulla Via Francigena e il museo “Palazzo Bonifacio VIII”, che al suo interno accoglie anche la collezione del Museo bonifaciano e del Lazio meridionale raccolta ed esposta dal 1953 per la prima volta da Giuseppe Marchetti Longhi per conto ed iniziativa dell’Istituto di Storia e Arte del Lazio meridionale.

Al suo interno si segnalano soprattutto le stanze affrescate, che mostrano motivi derivanti dal ricchissimo patrimonio classico, tramandato attraverso miniature, tessuti, mosaici, coniugandolo con riferimenti al modus vivendi duecentesco e ai giochi cortesi dell’epoca.

In particolare la Sala delle Oche mostra un atlante di aviofauna, in cui vengono descritte circa dodici specie di uccelli, ispirato al De Arte venandicumavibusdi Federico II di Svevia.

Nella Sala delle Scacchiere si trovano forme quadrilobe che iscrivono scacchiere, che rimandano al gioco degli scacchi, simbolo cavalleresco del campo di battaglia e della strategia militare, ma anche passatempo cortese.Su un’altra parete sono affrescati uccelli simmetricamente affrontati o divergenti entro ruote, direttamente confrontabili con i ricami ad oro filiforme del piviale di Bonifacio VIII conservato al Museo della Cattedrale e del “piviale dei pappagalli” conservato a Vicenza.

Nel registro inferiore della stessa sala corre una cornice a racemi vegetali e uno zoccolo a finti pannelli marmorei rettangolari: alcuni particolari trovano confronti nella decorazione pittorica della Cappella del Salvatore nella Cattedrale di Anagni, ma anche di alcune residenze ecclesiastiche romane e perfino degli  ambienti della torre di Innocenzo III nei Palazzi Vaticani. La partizione poi è del tutto simile a quella della domus di Augusto sul Palatino, aspetto di notevole interesse, perché attraverso il richiamo all’antichità si pone l’accento sulla continuità tra la grande Roma imperiale e la grande Roma cristiana e si concretizza il detto canonistico UBI PAPA, IBI ROMA, dove di trova il papa, lì c’è Roma: Anagni insomma era come Roma.

Testo © Dott.ssa F. Romiti

 

NB

24 Dicembre: chiusura pomeridiana anticipata alle ore 18:00

25 Dicembre: aperto solo la mattina

31 Dicembre: chiusura pomeridiana anticipata alle ore 18:00

Tariffe

Intero: € 5,00 – inclusa audioguida

Ridotto: € 3,00 – inclusa audioguida

  • Ragazzi: 12-18 anni
  • Associati Instagramers Italia
  • Gruppi con più di 15 paganti
  • Scolaresche e pellegrini

Gratuito – Inclusa audioguida

  • Bambini: fino a 12 anni
  • Residenti di Anagni
  • Disabili con certificazione invalidità superiore al 74%

Si ringrazia Osvaldo Caperrna per il contrbuto alla gallery di fotografie.